Questione di metodo
La strada verso il governo presidenziale

Pensare che all’esordio del suo governo, Matteo Renzi annunciava che la novità sarebbe stata rappresentata dal metodo. A distanza di pochi mesi non vediamo invece proprio nessun metodo. Il flop della candidatura Mogherini come ministro degli esteri della Ue, ne è una dimostrazione imbarazzante. Possibile che Renzi non si sia accorto che tornati allo scontro frontale con la Russia, Obama vuole aumentare le sanzioni, una candidatura considerata vicina a Putin, sarebbe stata bocciata? E come mai Renzi ha un ministro degli Esteri che i suoi partner europei ritengono troppo vicino alla Russia? In altre parole, qual è la politica estera del governo Renzi? Davvero non lo sappiamo. E non sappiamo nemmeno quando lo sapremo. Così come non sappiamo tante altre cose di questo governo se non che i tempi per realizzare i proposti annunciati si stanno allungando a dismisura. Sono passati sei mesi e l'approdo in Aula al Senato del Ddl 1428, la delega sul lavoro, è slittato ancora. La maggioranza deve trovare l'intesa sul contratto a tutele crescenti. Poi arriverà alla Camera e, quindi, bisognerà vedere decreti delegati. Il famoso Job act, ricordate? Aspetta e spera. Prima che le norme sul lavoro si facciano largo nell’ ingorgo parlamentare di questi giorni, è possibile che Mogherini diventi davvero Miss Pesc. Tra decreto competitività, Dl e Ddl pubblica amministrazione, riforme istituzionali, sono centinaia gli articoli da discutere e approvare, e ci sono solo due mesi per la conversione dei decreti. Senza dimenticare la mole delle norme attuative che continuano a moltiplicarsi. Si fa fatica a smaltire quelle ereditate dai precedenti governi. Come un fulmine a ciel sereno abbiamo letto che il ministro Boschi vorrebbe discutere anche di presidenzialismo. Finalmente una proposta sensata in una matassa costituzionale fino a questo momento priva di testa e di coda. Non solo il presidenzialismo servirebbe ad accelerare certe prerogative del governo, non quelle in Europa, magari, ma almeno quelle in Italia. Soprattutto compenserebbe il caos, per usare un eufemismo, che si rischia con la fine del bicameralismo perfetto. Renzi presidente della Repubblica eletto dal popolo, meglio sempre che un presidente eletto dal 25 per cento dell’elettorato più qualche notabile locale. Almeno si salverebbe un principio di rappresentanza democratica. Se poi così si rischiasse la dittatura, ve lo diciamo: pazienza. L’anarchia di oggi spaventa molto di più. Guardate la vicenda Alitalia. Anche qui il governo lamentava la mancanza di investitori stranieri, ed ecco che fortuna vuole che questi arrivino proprio per rilevare l’azienda più decotta e fallimentare che abbia il paese, una compagnia di bandiera di cui Romano Prodi, bontà sua, voleva disfarsi già nel 2006 e con tutte le ragioni. Invece si è tirato fuori l’orgoglio nazionale, i capitani di industria e quant’altro con il risultato di scavarle la fossa. Arrivano gli emiri? Invece di stendere il tappeto rosso ed inginocchiarci tutti alla Mecca, i sindacati si oppongono. Tra parentesi: tutti i rilievi della Camusso sono fondati, salvo il fatto che se non è così si chiude per sempre. Allora serve un governo presidenziale anche per dire al sindacato che Alitalia vende alle condizioni che può vendere. Il governo oggi non ne è capace. Viva il governo presidenziale Renzi, allora, che risolverà di getto, tutto quello in cui annaspa il governo parlamentare Renzi ogni giorno. E’ una questione di metodo.

Roma, 17 luglio 2014